Il centro spaziale Luigi Broglio di Malindi, in Kenya, è un importante centro spaziale italiano al di fuori del territorio nazionale, di proprietà dell'Università Sapienza di Roma e gestito dall'Agenzia Spaziale Italiana.
Centro spaziale Luigi Broglio spazioporto | |
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Codice IATA | nessuno |
Codice ICAO | nessuno |
Descrizione | |
Proprietario | Sapienza - Università di Roma |
Gestore | Agenzia Spaziale Italiana |
Stato | ![]() |
Città | Malindi |
Posizione | 32 km a nord di Malindi |
Coordinate | 2°59′44.57″S 40°11′41.84″E |
Mappa di localizzazione | |
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Attualmente provvede al tracciamento di numerosi satelliti di varie agenzie (la NASA, l'ESA e l'Agenzia Spaziale Cinese); la sua latitudine quasi equatoriale rende questa base un ottimo sito di lancio, sebbene i lanci di satelliti dal centro siano stati solo ventitré, dal 1966 al 1988. Il centro è composto da due segmenti, ossia il segmento terrestre, rappresentato dal centro per la raccolta dei dati, ed il segmento marino, composto dalle piattaforme di lancio oceaniche. Al centro spaziale è stato intitolato un cratere sull'asteroide 25143 Itokawa.
La convenzione intergovernativa tra Italia e Kenya permette lo svolgimento di operazioni di lancio, telerilevamento e acquisizione dati da satelliti. Il centro spaziale è stato ideato e gestito dal professor Luigi Broglio ed è attivo dal 1966[2], quando fu inaugurato col nome di Progetto San Marco.
Luigi Broglio riuscì a realizzare questo eccezionale risultato in virtù non solo del suo indubbio valore scientifico e del suo ruolo di preside della Scuola di Ingegneria Aerospaziale dell'università "La Sapienza" di Roma e di generale dell'Aeronautica Militare Italiana, ma anche e soprattutto grazie al riconoscimento dei suoi meriti e delle sue capacità da parte degli Stati Uniti che gli concessero la tecnologia dei vettori "Scout" per effettuare i lanci dei satelliti dal centro spaziale. Nel 2001 alla scomparsa del professor Broglio il centro assunse l'attuale denominazione[3].
Il segmento terrestre si estende per circa tre ettari e mezzo in territorio keniota, a circa 32 km da Malindi e la sua latitudine è 2,94 gradi sud. Oltre a edifici adibiti ad alloggi e servizi, il centro comprende un porticciolo per i collegamenti con le piattaforme e tre sistemi di antenne per il controllo in orbita e la ricezione di telemetria da satelliti e vettori. Questi si dividono in:
Nel 2019 è stata installata una nuova parabola in banda S, con delle capacità estese anche nella banda X, del diametro di 13,6 m, per dare supporto ai nuovi lanciatori Ariane 6 e Falcon Heavy.[4]
La presenza della base italiana in territorio keniota è stata recentemente oggetto di un accordo tra i 2 stati, definito a Trento il 24 ottobre 2016 e ratificato in Italia con la legge 149 del 25 novembre 2019 ed entrato in vigore il 16 dicembre 2020.[5][6]
Le piattaforme di lancio sono operative dal 1966, sebbene dal 1988 non abbiano più ospitato lanci di satelliti. I lanci venivano effettuati attraverso vettori Scout, che Broglio riuscì ad acquisire dalla NASA.
La piattaforma "San Marco" è la principale piattaforma della base nonché quella destinata ai lanci, è stata la prima piattaforma oceanica in assoluto ad aver ospitato il lancio di un satellite.[7]
Essa era in origine una piattaforma da sbarco dell'esercito americano e fu donata all'Italia su intercessione della Nasa. La piattaforma è stata adattata alle esigenze di lancio nei cantieri navali di La Spezia e successivamente trasportata in Kenya.[7]
Le due piattaforme, denominate "Santa Rita 1" e "Santa Rita 2", distano dalla piattaforma San Marco circa un chilometro e mezzo, e sono destinate al controllo[2].
La piattaforma "Santa Rita 1" è stata messa a disposizione dall’allora presidente dell’Eni Enrico Mattei. La piattaforma era inizialmente la piattaforma petrolifera “Scarabeo” e successivamente adattata per le nuove esigenze, presso i cantieri navali di Taranto, trasportata per 8.000 chilometri e finalmente posizionata al largo delle coste di Malindi.[7]
I lanci effettuati ammontano a dieci Scout e tredici Nike[2].
Data di Lancio | Vettore | Satellite | NSSDC ID | Note |
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26-04-1967 | Scout B | San Marco 2 | 1967-038A | San Marco 1 fu lanciato in precedenza dalla base americana Wallops. Questo lancio rese l'Italia il terzo paese al mondo, dopo Ussr e Usa, a costruire, lanciare e controllare un satellite con proprio personale da una propria base di lancio.[7] |
12-12-1970 | Scout B | Uhuru (SAS-A) | 1970-107A | Uhuru è stato il primo satellite per studi a raggi X. |
24-04-1971 | Scout B | San Marco 3 | 1971-036A | |
15-11-1971 | Scout B | S-Cubed A | 1971-096A, su nssdc.gsfc.nasa.gov (archiviato dall'url originale il 28 ottobre 2011). | |
15-11-1972 | Scout D-1 | SAS-B | 1972-091A | |
18-02-1974 | Scout D-1 | San Marco 4 | 1974-009A | |
15-10-1974 | Scout B-1 | Ariel 5 | 1974-077A | Il satellite fu gestito direttamente dal centro di controllo Appleton Lab, U.K. |
07-05-1975 | Scout F-1 | SAS-C | 1975-037A | |
25-03-1988 | Scout G-1 | San Marco D/L | 1988-026A | Ultimo lancio effettuato dalla base |
Nessuno dei 20 lanci effettuati dalla base San Marco è fallito.[7]
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