L'incidente aereo di Sinnai fu un disastro aereo avvenuto il 26 gennaio del 1953 in Sardegna.[1]
Incidente aereo di Sinnai | |
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Tipo di evento | Incidente |
Data | 26 gennaio 1953 |
Tipo | Cedimento strutturale con distaccamento dell'ala sinistra |
Luogo | Sinnai |
Stato | ![]() |
Coordinate | 39°20′17″N 9°17′04″E |
Tipo di aeromobile | Douglas DC-3 |
Operatore | Linee Aeree Italiane |
Numero di registrazione | I-LAIL |
Partenza | Aeroporto di Cagliari-Elmas, Cagliari, Italia |
Destinazione | Aeroporto di Roma-Ciampino, Roma, Italia |
Occupanti | 19 |
Passeggeri | 15 |
Equipaggio | 4 |
Vittime | 19 |
Feriti | 0 |
Sopravvissuti | 0 |
Mappa di localizzazione | |
Dati estratti da Aviation Safety Network[1] | |
voci di incidenti aerei presenti su Wikipedia |
Tra le ore 11,47 ed 11,49[2] un aereo della compagnia aerea LAI codificato I-LAIL, partito pochi minuti prima dall'aeroporto di Cagliari con destinazione Roma Ciampino, precipitò al suolo a circa quattro chilometri in territorio di Sinnai provocando la morte di tutte le 19 persone che si trovavano a bordo.
Il volo era uno dei tre collegamenti che la compagnia aerea quotidianamente svolgeva tra la Capitale e lo scalo dell'isola, ma, a causa della scarsezza di passeggeri, era stato deciso di sopprimere temporaneamente il volo di metà mattina - quello dell'incidente - in partenza alle 11,40 e contrassegnato come 401-Bis, per cui quello era il penultimo giorno in cui veniva effettuato.[3]
Lo schianto fu terribile, e a detta di molti soccorritori fu impossibile identificare e ricomporre molti dei corpi delle vittime[4] Poco prima della sciagura il comandante dell'apparecchio, Giacomo Solaini, aveva avvisato l'aeroporto di Cagliari che l'aereo sarebbe rientrato, senza specificare i motivi di questa decisione. Poi più nulla.
Subito dopo il disastro fu nominata dal Ministero della difesa una commissione di inchiesta, presieduta dal generale dell'aviazione Enrico Biani. Nei primi giorni successivi al disastro furono avanzate, anche sulla base di alcune testimonianze di pastori che si trovavano nella zona dell'evento, due ipotesi sulla sua possibile origine: un cedimento strutturale del velivolo, in particolare di un'ala, oppure condizioni atmosferiche particolarmente avverse.[5]
La commissione ministeriale comunicò già il 31 gennaio 1953 i risultati della sua indagine. Nella relazione si sostenne che il disastro era stato causato dalla "rottura in volo della semiala destra causata da improvvise sollecitazioni dinamiche a carattere assolutamente eccezionale". Ciò era dovuto al fatto che "l'aereo è entrato improvvisamente in un vortice, la caratteristica tromba d'aria, che ha provocato la rottura dell'ala". "Il verificarsi di condizioni così avverse al volo" - concludeva il rapporto della Commissione - "rappresenta un fatto di rarità ed eccezionalità uniche".[6]
Alcuni mesi dopo il disastro, nel luglio del 1953, la signora Negro Costantini, vedova di una delle vittime, citò in giudizio la LAI per vedere riconosciuto a sé ed ai figli un risarcimento per la perdita del consorte. Nell'atto di citazione si sosteneva che il velivolo DC 3 - impropriamente noto anche come Dakota - caduto a Sinnai, era in realtà un residuato bellico, tolto dall'impiego al fronte già nel 1944, rimasto fermo sino al 1949 in un campo dell'ARAR e poi acquisito come rottame.[7] Non sono al momento reperibili notizie sull'esito di tale vertenza.
Nel disastro persero la vita 19 persone. Di queste 15 erano passeggeri: Aldo Costantini (Torino), Ermanno Silvano (Torino)[8], Marco Baroni (Lodi), Renato Gianni (Pisa), Alfonso Mauro (Roma), Ernesto Scola (Milano), Luigi Lotto (Lanusei), Maria Tesori (Frosinone), Angela Fossati (Modena), Cecilia ed Annamaria Coen (Napoli), Carlo Dragoni (Roma), Antonio Mannunza (Cagliari), Cristoforo Murrocco (Roma), Cristoforo Magnasco (Roma).
I quattro membri dell'equipaggio periti furono: il comandante Giacomo Solaini, il secondo pilota Carlo Schimdt, il marconista Emerico Rosselli e la hostess Lina Lustrati.
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