Il volo United Airlines 811 era un volo di linea della United Airlines tra San Francisco, Stati Uniti, e Sydney, Australia, con scali a Honolulu, Hawaii e Auckland, Nuova Zelanda. Il 24 febbraio 1989 sul Boeing 747-122 che operava il volo si è verificata una decompressione esplosiva poco dopo il decollo dall'Aeroporto Internazionale di Honolulu che ha causato una falla nella fusoliera dalla quale furono risucchiate all'esterno alcune file di sedili. Complessivamente i passeggeri dispersi furono nove.[1]
Volo United Airlines 811 | |
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Tipo di evento | Incidente |
Data | 24 febbraio 1989 |
Tipo | Decompressione esplosiva dovuta alla rottura del portellone della stiva; errore di progettazione |
Luogo | Oceano Pacifico, al largo di Honolulu, Hawaii |
Stato | ![]() |
Coordinate | 20°41′24″N 158°40′33″W |
Numero di volo | UA811 |
Tipo di aeromobile | Boeing 747-122 |
Operatore | United Airlines |
Numero di registrazione | N4713U |
Partenza | Aeroporto Internazionale di San Francisco, San Francisco, Stati Uniti |
Scali intermedi | Aeroporto Internazionale di Los Angeles, Los Angeles, Stati Uniti |
Scalo prima dell'evento | Aeroporto Internazionale di Honolulu, Honolulu, Hawaii (Stati Uniti |
Destinazione | Aeroporto Internazionale Kingsford Smith, Sydney, Australia |
Occupanti | 355 |
Passeggeri | 337 |
Equipaggio | 18 |
Vittime | 9 |
Feriti | 38 |
Sopravvissuti | 346 |
Mappa di localizzazione | |
Dati estratti da Aviation Safety Network[1] | |
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Il volo 811 decollò dall'Aeroporto Internazionale di Honolulu alle 01:52 (UTC-10) con ai comandi il capitano David Cronin, il primo ufficiale Al Slader e l'ingegnere di volo Mark Thomas. A bordo vi erano 337 passeggeri e 15 assistenti di volo.
Durante la salita, i piloti deviarono dalla rotta per evitare un temporale ed il capitano decise di lasciare acceso il segnale di "cinture di sicurezza allacciate". Verso le 02:08, mentre l'aereo stava volando fra i 22.000 e 23.000 piedi (6,700-7,000 m), si udì un rumore stridente, seguito da un forte tonfo che scosse l'intero aeromobile: il portellone della stiva anteriore si era aperto e si era distaccato dall'aereo. La decompressione risultante provocò il cedimento del pavimento della cabina proprio al di sopra del portellone causando la caduta al di fuori del velivolo di 10 sedili (da 8G e 8H a 12G e 12H) e di un passeggero seduto al posto 9F, provocando in totale nove morti (i sedili 8G e 12G erano vuoti).[2] Un'assistente di volo fu anch'essa quasi risucchiata all'esterno, ma riuscì ad aggrapparsi alla gamba di un sedile e, pur riportando gravi ferite, fu tratta in salvo da alcuni passeggeri.
I piloti contattarono i controllori di volo e dichiararono l'emergenza, poi cominciarono immediatamente a scendere di quota per raggiungere un'altitudine alla quale l'aria fosse respirabile (la decompressione aveva danneggiato il sistema di alimentazione delle maschere ad ossigeno) e compirono una virata di 180 gradi per far ritorno ad Honolulu.[3]
I detriti provocati dalla decompressione danneggiarono seriamente i motori numero 3 e 4 che furono spenti, ed in modo minore lo stabilizzatore, gli slat e la deriva.
In prossimità dell'aeroporto i piloti estrassero il carrello d'atterraggio ma poterono utilizzare solo parzialmente i flap in quanto anch'essi avevano subito danni, ciò comportò una velocità di atterraggio più elevata (190-200 nodi, 350–370 km/h); nonostante ciò il capitano Cronin fu in grado di atterrare senza problemi e di arrestare l'aereo prima della fine della pista. L'aereo venne evacuato in meno di 45 secondi. Erano trascorsi 14 minuti da quando era stata dichiarata l'emergenza.[3]
L'incidente è stato causato molto probabilmente da un errore di progettazione e da un difetto di funzionamento del bloccaggio del portellone della stiva. A differenza di un portellone che si apre verso l'interno e che nel chiudersi viene bloccato contro il suo telaio di modo che una pressione interna più alta aiuti a tenerlo serrato, il portellone del Boeing 747, per aumentare lo spazio di carico, è stato progettato per aprirsi verso l'esterno necessitando quindi di un meccanismo di bloccaggio efficiente. Difetti in questo tipo di portelloni erano già noti dai primi anni settanta quando si verificarono diversi incidenti sui McDonnel Douglas DC-10.[4][5] ma nonostante la perdita di vite umane l'industria aeronautica non fece mai qualcosa di concreto per risolvere il problema.[6]
Il portellone del Boeing 747 utilizzava un sistema di chiusura, azionato da un motore elettrico, costituito da chiavistelli a C che si agganciavano ad un perno fisso. Una serie di bracci a forma di L, detti settori di blocco, ed azionati dalla leva di chiusura del portellone, erano utilizzati per mantenere ferme le camme ed impedire loro di ruotare in posizione di sblocco. I settori di blocco erano realizzati in alluminio ma avevano uno spessore insufficiente per essere in grado di mantenere le camme in posizione chiusa in caso di azionamento involontario del motore o di guasto dell'interruttore di quest'ultimo. Quest'anomalia fu scoperta anche grazie ai genitori di una delle vittime, Lee Campbell, che insoddisfatti dalle conclusioni del NTSB, portarono avanti un'indagine parallela.[7]
Nel caso del volo 811 sembra che un malfunzionamento dell'interruttore dei motori abbia causato una rotazione accidentale dei chiavistelli senza che i settori di blocco fossero riusciti a mantenerli bloccati, inoltre la differenza di pressione tra esterno (più bassa) ed interno (più alta) abbiano fatto aprire il portellone provocando la decompressione.[3]
L'NTSB emise una raccomandazione riguardante tutti i Boeing 747-100 consigliando di modificare il portellone della stiva in modo da doverlo aprire verso l'interno cosicché un'eventuale apertura per differenza di pressione fosse impossibile, e di sostituire il sistema di bloccaggio del portellone stesso con uno più efficiente.[8]
Dopo l'incidente il velivolo fu riparato e nuovamente registrato come N4724U; nel 1990 la United Airlines lo rimise in servizio. Nel 1997 il velivolo fu ceduto ad Air Dabia e registrato come C5-FBS;[9] l'aereo restò in servizio fino al 2001 e fu smantellato nel 2004.
L'incidente del volo 811 della United Airlines è stato analizzato nell'episodio Salto nel vuoto della prima stagione del documentario Indagini ad alta quota trasmesso da National Geographic Channel e nell'episodio Punto di rottura della prima stagione del documentario SOS: disastri aerei trasmesso da Discovery Channel Italia il 19 novembre 2015.
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